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FONDAZIONE SANTISSIMA ANNUNZIATA

“Evviva l’allegria! le comari raccontano”.

AA. VV. – Una volta noialtri si faceva i bachi dal sedere, cioè venivan da sé: oggi ci sono gli antibiotici ma allora sentivi che ti prudeva, la mia mamma mi metteva bocconi sulle ginocchia, pigliava il verme con un pezzo di carta e lo tirava fuori che era già morto, vedessi non sono mica neri, hanno il colore un po’ rosato. Non davano la febbre. Veniva una signora a segnarli, metteva l’acqua e l’olio con dentro una fune che dovevi guardare se s’allargava o si stringeva, però non ricordo bene che dicesse. Me ne venne uno pure da sposata, sarà stato nel ’76, me lo tolsi che era lungo così e allora lo lavai nel bidè per farglielo vedere a mia nuora, che disperata urlò: “Vai dal dottore!”. Quello grosso è la Tenia, bisogna starci attenti perché non basta levarlo ma devi gettarlo in un secchio e romperlo con uno stecco, se c’è la testa vuol dire che l’hai eliminato, altrimenti ricresce. Gli dà noia l’aglio, che poi per forza, è un disinfettante… Me lo sfregavano sulle tempie, sotto il naso e poi c’era chi faceva anche la coroncina da appendere intorno al collo; il meglio però è quando lo facevano bollire col pane ammollato nell’acqua e un po’ d’olio, formaggio se ce n’era: veniva una pappa che davano spesso ai bambini per pulire l’intestino. Ma dove saranno andati, tutti questi bachi! Venivano anche ai signori, loro un po’ meno perché mangiavano meglio di noi: delle volte basta della carne un po’ andata a male, dipende anche dall’igiene, ho sentito dire che mangiare troppa farina dolce possono venire: forse sviluppano dall’infiammazione? Certo è che di bachi al sedere non se ne sente parlare più.

L’arte come terapia

Progetto editoriale acd. Federico Berti